23 aprile 2015

Paesaggi e contrasti

  |   Convegno

Conservare il Paesaggio oltre i valori dell’arte

Si è concluso il ciclo di incontri “Paesaggi e Contrasti” dedicato alle bellezze del nostro Paese, ad un paesaggio da tutelare e difendere, ad una qualità intrinseca ad innata dei prodotti di una terra che tutto il mondo ci invidia, durante il quale non sono mancate le occasioni di riflessione sul ruolo socio economico della figura del contadino nei secoli e sui parallelismi e le differenze delle diverse culture e religioni nel momento del convivio.
La Lectio Magistralis di Philippe Daverio, fra i più noti critici d’arte italiani ed internazionali, dal titolo “Il Paesaggio nell’Arte tra incanto e dolore” ha concluso il ciclo di incontri organizzati da Allegrini nella prestigiosa Villa Della Torre a Fumane di Valpolicella.

Il Prof. Cesare Feiffer, direttore della nostra rivista recuperoeconservazione, ha aperto i lavori ponendo l’attenzione sulle diverse concezioni di un unico concetto: il paesaggio, come elemento distinto dalla conservazione dello stesso. “Per molto tempo si è concepito il paesaggio in maniera limitata, attribuendogli il ruolo di mera cornice di monumenti, ville o elementi artistici in genere, carichi di oggettivo valore; in maniera similare all’archeologia che tralascia l’importanza delle sedimentazioni del terreno a discapito dell’oggetto ritrovato di riconosciuta importanza. Ancora oggi nelle università si insegnano i nuovi paesaggi e non la loro conservazione mentre il paesaggio nella sua accezione più vera deve essere riconosciuto come un contenitore di segni, un libro aperto di segnali non artistici nel quale la strada, l’agricoltura, le marogne devono essere guardati da occhi sensibili ed in grado di decifrarne il valore.”

L’intervento di Philippe Daverio si è aperto dando risalto al territorio italiano nella sua molteplicità. “Il paesaggio infatti non contempla soltanto componenti agricole, ma è composto da un misto di pratiche, complessità, sudore umano e biodiversità. Quello italiano è l’esempio di un paesaggio assolutamente antropizzato, dove è proprio l’opera dell’uomo ad aver reso formidabile e prezioso il territorio, che ancora torna all’uomo come elemento chiave attraverso il quale costruire l’identità di un popolo. La Francia, non appena passata alla Monarchia Costituzionale lo definiva patrimonio, con una leggera differenza dal concetto britannico legato ad un’idea di eredità che qualora non venga trasmessa andrebbe a costituire una irresponsabilità antropologica, confermata dal fatto che il passato ha un senso se serve a costruire il futuro. Dimostrando rispetto per il passato, abbiamo quindi il pieno diritto, ed il sicuro dovere, di intervenire sul nostro paesaggio affinché possa vivere e rivivere, dobbiamo avere il coraggio di disegnarlo nuovamente, seguendo anche quel carattere variabile della natura stessa, che fisiologicamente muta e si modifica. La strada è quella delle distruzioni e delle grandi ricostruzioni.
In questo si racchiude anche un valore comunicativo di grande sensibilità che ci permette di valorizzare il paesaggio come strumento identificativo di un vantaggio competitivo da promuovere, un percorso mentale con il quale i popoli si appropriano della propria storia. La conoscenza di questo patrimonio ci fa esaminare non il singolo luogo, non il singolo edificio ma la giusta integrazione fra edificio e luogo. Dobbiamo quindi intraprendere un percorso che ci porti alla coscienza di una progressione che ci auspichiamo, dove il prodotto della terra, del lavoro, dell’eredità di pratiche e conoscenze, il vino, può essere inteso come elemento di coesione e unione dei popoli.”

villadellatorre.it

Fumane (VR), 23 aprile 2015

vedi Locandina